«Le due città non sono riconoscibili in questo fluire dei tempi e sono fra di loro commischiate, fino a che non siano separate dall'ultimo giudizio». Con queste parole Agostino consegna alla cultura occidentale la prima proposta, da un punto di vista cristiano, di una visione organica della storia nella quale bene e male - la città di Dio e la città terrena - sono da sempre presenti e profondamente legati. È alla luce della rivelazione trinitaria che sarà possibile rileggere la storia in un'ottica pienamente positiva in cui dall'esperienza del male vinto emergerà l'Amore, lo stesso che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Nel periodo delle invasioni barbariche che sconvolsero l'Impero Romano, le riflessioni dell'Ipponate gettano le basi per costruire una nuova epoca e forniscono una prospettiva epistemologica che diverrà il fondamento di gran parte del pensiero filosofico e teologico. Dal Medioevo al Rinascimento, fino alle incertezze tipiche della contemporaneità indecisa fra postmoderno e dopomoderno: l'eredità di Agostino attraversa i secoli - un'eredità qui esemplificata attraverso Scoto Eriugena, Guglielmo di Saint-Thierry, il Cinquecento spagnolo, Fichte, Rosmini, Scheler, Sciacca, Ricoeur, Chrétien, Marrou e Marion - e offre spunti sempre attuali per riflettere sul rapporto tra Dio e il mondo, tra eternità e tempo.
L’estetica è una disciplina le cui categorie mutano al variare dei tempi e delle rispettive questioni filosofiche. Ecco perché non può essere sistematica: nella molteplicità delle forme dell’arte si riflette la pluralità delle sue prospettive. Queste pagine cercano di rendere tale complessità riformulando la riflessione estetica in tre interrogativi – cos’è arte, bellezza, immaginazione? – e affrescando itinerari per una sua definizione.
Di qui le tre sezioni del libro, con ricche introduzioni e testi commentati. L’arte: nell’antichità si declina come mimesis, in differenti accezioni – in Platone, Agostino, Aristotele, Plotino fino a Giordano Bruno. È la dialettica tra arte e verità, con le sue aporie, a divenire dominante nella modernità: l’arte ha sempre più a che fare con la verità che noi stessi siamo, diversamente declinata in Hegel, Schopenhauer, Schelling, Vico. L’età contemporanea coglie la differenza fra opera e rappresentazione: l’arte diventa enigma – un tema esplorato da Heidegger, Adorno, Merleau-Ponty.
La bellezza: se nell’antichità è sinonimo di equilibrio e perfezione (Agostino, Vitruvio, Platone, Plotino, Firenzuola), nel moderno richiama un modello di universalità (Kant, ma anche Burke, Baumgarten, Winckelmann, Hegel). Il contemporaneo invece rompe con il paradigma della “forma bella” (Baudelaire, Vigarello, Dostoevskij, von Balthasar, Danto) proponendo altri modelli: la bellezza dell’effimero, la bellezza artificiale.
L’immaginazione: è imitare immagini o produrne di proprie? È un concetto che oscilla tra phantasía e imaginatio, e muta da Aristotele, Plotino, Averroè e Marsilio Ficino fino ai moderni – Montaigne, Spinoza, Hume, Kant, Novalis – rovesciando il suo significato, nell’età contemporanea, da rappresentazione in irrealtà, creazione d’essere e potenza trasformatrice, con Ribot, Sartre, Jung, Bachelard, Foucault, Marcuse.
Rileggere i classici sotto la lente di queste categorie estetiche mostra come esse rimettano in gioco antiche questioni filosofiche: verità, rappresentazione, soggettività e intersoggettività.
DESCRIZIONE: Quando nel 1930 apparve questo breve e denso scritto, Hans Jonas era un brillante ma ancora sconosciuto allievo di Martin Heidegger e Rudolf Bultmann, da poco addottoratesi presso l'Università di Marburgo con una dissertazione su Il concetto di gnosi.
L'indagine riguarda Agostino e le differenti modalità con cui quest'ultimo interpreta un importante e dibattuto passo tratto dal settimo capitolo della Lettera ai Romani di Paolo (Rom. 7, 7-25): il rapporto tra legge e grazia che vi emerge è da attribuire all'homo sub lege, come Agostino intendeva nella prima fase del suo pensiero, oppure all'homo sub grafia, come invece egli sosterrà nella successiva disputa antipelagiana?
Jonas sorprende in Agostino la perdita di quella concezione autentica dell'esistenza, sottesa al testo paolino e presente in parte anche nella sua prima interpretazione: ciò avviene con la sottolineatura agostiniana della centralità della grazia per l'esercizio dell'agire buono, opposta alla possibilità pelagiana che l'uomo adempia da sé al comandamento divino. Secondo Jonas prendono qui forma le nozioni di volontà e libertà che saranno comuni a tutto il pensiero occidentale, e non a caso il sottotitolo della prima edizione di questo scritto era: «un contributo filosofico alla genesi dell'idea cristiano-occidentale della libertà».
COMMENTO: La prima grande opera di Jonas su Agostino, l'interpretazione di Paolo, i problemi della libertà e del male, il confronto con il pelagianesimo.
HANS JONAS (1903-1993), allievo di Heidegger e Bultmann all'Università di Marburgo, è stato uno dei massimi specialisti dello gnosticismo e tra i maggiori filosofi della seconda metà del Novecento. Tra le sue opere in italiano ricordiamo: Lo gnosticismo; Dalla fede antica all'uomo tecnologico; II principio responsabilità; II concetto di Dio dopo Auschwitz. Presso la Morcelliana: Scienza come esperienza personale. Autobiografia intellettuale (1992).
Confessarsi è un dialogo, anche quando è parlare di se con se stessi. Questo saggio intende esaminare gli slittamenti di significato di uno stesso genere letterario - le Confessioni - confrontando le celebri pagine di Agostino e di Rosseau: in gioco è il dialogo interiore nel passaggio dalla confessio agostiniana alla moderna "storia dell'anima", e con esso la costituzione dell'identità e della trascendenza, alla dura prova dell'aterità interiore, del male e della colpa. Temi che, sorpresi qui nella loro dimensione dialogica, fanno affiorare la specificità della "confessione" in pensatori fra loro così distanti. Un approccio capace, al contempo, di far luce sul reciproco implicarsi, nell'opera di Rosseau, di scritti autobiografici e morali, politici e padagogici.
Perché nel 397 Agostino interrompe il De doctrina christiana, una delle sue opere più ambiziose e sistematiche, lasciandola trent'anni da parte, per concluderla soltanto a pochi anni dalla morte? Cosa nasconde la vicenda tormentata di uno dei grandi classici dell'Occidente, summa insuperata della cultura cristiana? A partire da questi interrogativi, tramite un rigoroso metodo storico-critico e un'indagine analitica delle opere e della storiografia agostiniane, il volume tenta una reinterpretazione globale e innovativa del pensiero del doctor gratiae. Il De doctrina christiana incompiuto è il culmine del platonismo cristiano del primo Agostino, umanista apologeta del libero arbitrio. Esso precede e non segue l'Ad Simplicianum, l'opera che inaugura la teologia del nuovo, dell'altro Agostino, antiumanista confessore della predestinata, onnipotente grazia indebita e della peccaminosa impotenza della libertà umana. Le Confessiones ritrattano l'opera interrotta, definendo la nuova, eteronoma doctrina christiana: l'identità dell'interiorità dipende dall'alterità indisponibile della grazia; l'uomo conosce e ama Dio soltanto se lo Spirito vuole conoscere e amare Dio in lui. Il tardo completamento del De doctrina christiana compie la riflessione sull'ermeneutica e sulla retorica dello Spirito, unico vero Interprete della Scrittura, unica irresistibile Parola di persuasione, sì che la teologia della grazia rivelerà il suo debito - finora insospettato - rispetto alla teoria ciceroniana degli stili retorici. L'agostinismo maturo - di cui non solo il De Trinitate o il De civitate Dei, ma anche le convergenti opere antipelagiane sono componente strutturale e non emarginabile - è quindi interpretato come rivoluzionaria dialettica tra ragione (natura, libertà) e grazia, tra persistente, ma subordinata ontoteologia platonizzante (già definita dal primo Agostino) e nuova, dominante teologia del Dono. Ad immagine del san Bartolomeo di Michelangelo, l'altro Agostino, strappato a sé dalla violenza della grazia, toglie ed esibisce il resto del primo Agostino, così come il tardo completamento del De doctrina christiana ritratta, recupera e implicitamente sconfessa l'antica parte dell'opera. Al cospetto del Dono, il potere della natura, della libertà, della stessa ragione non può che essere svuotato e sospeso.